Francesco Gaggi

FaraEditore

Pagg. 112 - prezzo € 8,26

 
 
 

 

L'EPILOGO RITUALE

RITUALITA' E NARRAZIONE NEL TEMPO DELLA FINE

 

Il libro analizza la funzione ricapitolatrice del rito che proietta la fine nell’inesorabile continuità della vita che

incalza. Così anche nella ripetizione della fine della narrazione all’interno della cronologia del racconto l’epilogo

scalza, sul piano simbolico, i personaggi del "contesto" affermando e al contempo risolvendo la loro differenza.

L'autore – brillante allievo di Ezio Raimondi – indaga il processo di configurazione temporale e testuale

dell'epilogo narrativo ispirandosi al modello escatologico-scritturale cristiano. Se l'avvento di Cristo nella

storia dà inizio al tempo della fine intermedio tra il compimento logico della salvezza e il termine

cronologico non ancora raggiunto, l'avvento del personaggio "Cristo" nella narrazione della storia della

salvezza dà inizio al tempo narrativo della fine, l'epilogo della Scrittura.


Caratteristica della visione giudaico-cristiana della storia e' la fede che "il corso del mondo e della vita umana

raggiungera' un estremo (e'schaton), al di la' del quale non porta alcuna strada; questo estremo

appartiene essenzialmente al corso delle cose e rende manifesto, svela (apokalœptei), che cosa abbia

costituito gia' da sempre la sorte del mondo e dell'uomo". Peculiare declinazione cristiana di una simile

prospettiva e' che "l'evento escatologico non e' collocato al termine della storia, ma al centro, a partire dal

quale comincia la fine". Se per il mondo ebraico ogni istante poteva essere "la piccola porta da cui

poteva entrare il Messia", per il cristiano tale porta si e' gia' spalancata, il Messia e' entrato, la fine e' in atto.

Paolo ricorda che e' giunta la "fine dei tempi" [1 Cor 10, 11]; Giovanni rivolgendosi alle comunita' asiatiche

lacerate dalle prime discordie invita a meditare sul fatto che "questa e' l'ultima ora" [1 Gv 2, 18]; Pietro

apostrofa il presente come gli "ultimi tempi" [1 Pt 1, 5]. Similmente, i Padri della Chiesa non esiteranno ad

identificare il presente quale ultima epoca della storia contrassegnata dal crisma del tramonto e della

senescenza. Ma la consapevolezza di essere alla fine non si limita alla percezione dell'imminenza

della fine, particolarmente avvertita nelle prime comunita' cristiane. Vi si aggiunge la certezza che quanto

di decisivo ed essenziale doveva accadere nella storia e' gia' accaduto e nulla di propriamente nuovo resta da

attendere. "Circa il fatto dell'evento di Cristo non e' possibile aspettarci nulla di ulteriore nella storia del

mondo" ripete il teologo Hans Urs von Balthasar (1986, vol. V, p. 109). Eppure, inesorabilmente, si continua.

"La fine e' presente" (ivi, p. 42) ma il termine non e' ancora arrivato. Uno sfasamento di imprecisabile durata

tra il piano teologico degli eventi e la successione cronologica dei fatti da' luogo ad una singolare dilatazione

della fine in un tempo della fine intermedio tra un compimento teologico gia' pienamente realizzato e

un termine cronologico non ancora raggiunto. E' a questo tempo della fine in cui gia' tutto e' accaduto ma

 nulla ancora terminato che diamo il nome di epilogo.


L'autore esamina lo svolgimento del dato temporale e testuale in letteratura secondo il modello escatologico

e scritturale cristiano al cui interno definire la funzione della ritualita'. I riporti eruditi seguono la

dinamica della narrazione che nell'epilogo puo' accelerare il ritmo (es. p. 75). Lo studio si raccomanda a

chi intende sondare i meccanismi logico-istintivi della creazione linguistica e dimostra come dalla parte

informativa di un testo si possa trarre «l'infinito campo di particolari immaginabili» (p. 54).

«Punto di vista» n° 22 Ottobre/Dicembre 1999