APOLLONIO  DI  TIANA

 E  IL  VAMPIRO

Prof. Francesco Lamendola per Misteria.org 

  

Vogliamo parlare di un ordine di fenomeni che, nell'antichità così come oggi, sono sempre stati considerati fra i più controversi e, se si vuole, anche i più raccapriccianti: la credenza che i morti ritornino dal loro regno per far del male ai viventi, per nuocere loro non solo spiritualmente, ma anche fisicamente; in particolare, per strappar loro l’elemento che è il simbolo stesso della vita: il sangue. Che i morti siano assetati di sangue è credenza antichissima nelle civiltà mediterranee. Omero ci descrive, in una pagina impressionante dell’Odissea, il sinistro richiamo esercitato dal sangue sulle ombre dei morti:

                       “Poi che con voti e con suppliche ebbi pregato le turbe

                        dei morti, afferrate le bestie, lì le sgozzai

                         sopra la fossa: fumido il bruno sangue scorreva;

                         esse accorrevano a frotte dall’Erebo l’ombre dei morti.

                         Giovani donne, ragazzi, vecchi  che molto soffrirono,

                         e tenere fanciulle con l’animo nuovo al dolore;

                         molti poi da lance di bronzea punta trafitti,

                         uomini uccisi in battaglia con l’armi ancor lorde di sangue:

                         alla fossa accorrevano a frotte da tutte le parti

                         con alte grida: e io fui preso da pallido orrore.”(41)

 

Esistono molti testi sul vampirismo, antico e moderno, che trattano l’argomento in termini generali; tra la massa sterminata di essi ne ricordiamo almeno uno, italiano, che è un classico nel suo genere: La stirpe di Dracula del noto studioso Massimo Introvigne. (42) Per quanto riguarda la nostra indagine, notiamo che il concetto di vampiro, in senso stretto, si afferma nell’Europa del Settecento dopo i casi segnalati in alcuni villaggi ungheresi, in Moravia e in Serbia, fra il 1693 e il 1725: fatti attestati anche da testimoni qualificati, come medici militari; e particolarmente raccapriccianti (morti sospette e apparentemente inspiegabili; apparizioni di defunti; cadaveri riesumati e trovati ben conservati in modo anormale, con la bocca piena di sangue; trafittura degli stessi con appositi paletti). Esso si afferma definitivamente presso il vasto pubblico con la pubblicazione del romanzo Dracula, il vampiro dello scrittore irlandese Bram Stoker (1847-1912), nel 1897, che ebbe un successo durevole e impressionante. Ma per gli antichi il concetto di “vampiro” era più ampio e sfumato. I Greci, ad esempio, con il termine èmpusa indicavano una sorta di spettro, generalmente di sesso femminile, che circuiva i viventi per poi divorarli: non era quindi un morto che si ridesta, ma un fantasma in grado di esercitare le funzioni di un vivo allo scopo di uccidere le sue vittime. I latini, come Orazio e Apuleio, preferiscono il termine lamia, -ae, che però indica anche una strega particolarmente malvagia e potente: risulta difficile, comunque, separare i due significati. (43)

Ed eccoci al racconto di Filostrato, così come viene narrato nel quarto libro della Vita di Apollonio di Tiana:

“Tra i discepoli di Demetrio di Corinto v’era Menippo di Licia, giovine di venticinque anni,     eletto di spirito e bellissimo di forme, simile a un atleta per bellezza e portamento. Si credeva che Menippo fosse amato da una donna straniera,e questa donna era detta bellissima e stravagante, oltre che molto ricca: ma non era nessuna di queste cose, se non pura apparenza.

“Un giorno che Menippo camminava da solo lungo la strada che reca a Cenchrae, un fantasma d’aspetto femminile gli era apparso, gli aveva stretto la mano e gli aveva detto d’amarlo da molto tempo. Aveva aggiunto d’essere fenicia, e di vivere in un sobborgo di Corinto. Dicendogli il nome del sobborgo, aveva aggiunto: Vieni a trovarmi questo pomeriggio e mi ascolterai cantare. Ti offrirò da bere un vino quale non hai mai gustato. Non avrai rivali sulla tua strada, e vivremo insieme felici: io che sono bella, e tu che lo sei quanto me. Il giovane si lasciò lusingare da queste parole perchè, pur avendo abbracciato la filosofia, purtuttavia era dominato da Eros.

“Andò quel pomeriggio alla casa indicata, e per molto tempo frequentò la donna come amante, senza mai dubitare che non donna fosse, ma uno spirito immondo. Un giorno, Apollonio prese a scrutare Menippo misurandolo con lo sguardo come fa uno scultore, e dopo averlo studiato a lungo, gli disse:Sai tu, che sei bello e desiderato dalle donne più belle, che abbracci una serpe, ed è una serpe che ti abbraccia?

Menippo rimase attonito, e Apollonio seguitò: “Tu hai una donna che non è tua moglie: ma pensi forse che lei ti ami?

“Certamente!, rispose il giovine. Lei si comporta con me come fa una donna che ama.

“Intendi sposarla?

“Sì: è fonte di gioia sposare una donna che ama.

“Apollonio replicò: Quando celebrerai le nozze?

“Presto, rispose il giovane, forse domani stesso.

“Apollonio attese il giorno della festa nuziale e, quando i convitati furono giuinti, entrò anch’egli nella sala.

“Dov’è la bella per la quale siamo venuti?, chiese.

“Qui, disse Menippo alzandosi e arrossendo in volto.

“E di chi sono l’oro, l’argento e tutti gli ornamenti di questa sala?

“Di mia moglie, rispose il giovane, io non possiedo che questo, e mostrò il suo mantello.

“Apollonio, rivolgendosi allora a tutti, chiese: Conoscete il giardino di Tantalo, che a un  tempo esiste e non esiste?

“Sì, risposero gli ospiti, lo abbiamo letto in Omero, perché non siamo mai scesi nell’Ade.

“Lasciatemi dire, allora, proseguì Apollonio, che queste decorazioni sono simili a esso:sono soltanto l’apparenza insostanziale di una sostanza. Perché possiate comprendere meglio, sappiate che la seducente fidanzata è un Vampiro, una di quelle Empuse che il popolo chiama Lamie o Mormolyce. Anche i Vampiri sono attratti dal sesso: ma ancor più amano il sangue e la carne umana, e usano il sesso per intrappolare coloro che vogliono divorare.

“La donna allora gridò: Taci e vattene via!, e si mostrò indignata per quelle insinuazioni, scagliandosi contro il filosofo e chiamandolo insensato. Ma, all’improvviso, le coppe che sembravano d’oro e i vasi che sembravano d’argento svanirono tutti; scomparvero anche, dopo il discorso di Apollonio, tutti i coppieri, i cuochi e i servi.

“Allora lo spirito immondo finse di piangere, supplicando di far cessare i tormenti che l’avrebbero costretto a rivelare la sua vera natura. Ma Apollonio insistè finché quello non confessò di essere un Vampiro che aveva invischiato Menippo coi piaceri del sesso per poterne poi divorare il corpo. Infatti, per nutrirsi, lei sceglieva sempre i giovani belli e forti, perché hanno il sangue  assai fresco. (44)

Certo, racconti del genere non sono esclusivi dell’antichità greco-romana né della sola area mediterranea. Il famoso colonnello britannico Percy Fawcett, grande conoscitore del Sud America e ricercatore del mitico El Dorado, che intorno al 1925 scomparve nella giungla amazzonica senza più lasciare tracce, aveva raccolto dagli indios numerose storie riguardo ai duendes, gli spettri dei defunti che perseguitano a morte le loro vittime. Val la pena, per un confronto con la storia di Apollonio, riportare uno di tali racconti.

“L’episodio più strano da lui riferito [ cioè da Fawcett ] è successo in Bolivia, al posto di ristoro governativo di Yani dove, negli ultimi anni del secolo scorso [ cioè, si badi, dell’Ottocento ] fu trovato un enorme giacimento d’oro. Quella storia è strana. Due ufficiali boliviani di ritorno dal Beni, scesero giù a Yani fermandosi ad un tambo per passarvi la notte; vedendo una ragazza bellissima sulla soglia di una casa accanto al tambo, giocarono a testa e croce, con una moneta, a chi spettasse corteggiarla; l’ufficiale che perdette pernottò nella casa del corregidor, il capo del villaggio, l’altro se ne andò. Non fece più ritorno e la sua testa mozza fu rinvenuta sul pavimento di una casa diroccata, la stessa ove l’ufficiale superstite aveva scorto – e lo giurò – la magnifica ragazza. Quella casa, spiegò il corregidor, non era abitata da chissà quanto tempo e la ragazza era un duende, un fantasma che non si faceva scorgere dagli indigeni, ma soltanto dai forestieri. (45)

Un antropologo di tendenza strutturalista e comparativista non avrebbe difficoltà a vedere, nella diffusione universale di tali racconti, la prova – per così dire – della loro origine puramente leggendaria; per quanto, a ben guardare, il ragionamento potrebbe essere facilmente rovesciato: proprio la diffusione universale di certi racconti potrebbe deporre a favore della loro autenticità, cioè dall’esperienza concreta di essi. Se poi la credenza soggettiva in fatti che sono, al momento, privi di spiegazione scientifica, debba coincidere anche con una verità oggettiva, questo – lo abbiamo già osservato – è un altro discorso (che peraltro, lo notiamo di sfuggita, non può prescindere da ciò che si intende, filosoficamente parlando, per i due concetti di “verità” e di “oggettività”, concetti estremamente impegnativi e dal significato tutt’altro che univoco). A ciò si aggiunga che anche un evento non “vero” oggettivamente può benissimo produrre degli effetti reali e “oggettivi”:  ad esempio, tra il 1600 e il 1800 i Maori abbandonarono  progressivamente le proprie sedi  nella regione di Tautuku, in Nuova Zelanda, anche per il terrore provocato dal Maeroero, creatura selvaggia simile allo Yeti che si diceva rapisse i bambini e le giovani donne. (46)

Concludendo. Nel mondo antico era diffusa la credenza negli animali mostruosi, nei fantasmi, nei vampiri. Tale credenza coinvolgeva anche le classi istruite, gli scrittori, i filosofi, insomma gl’intellettuali di professione (naturalmente, non tutti; molti erano scettici). Essa poggiava non solo su vaghi racconti d’impronta mitico-leggendaria o su tradizioni letterarie e poetiche, ma anche su episodi specifici storicamente contestualizzati, attribuiti a testimoni attendibili o riferiti da personaggi di provata serietà. Il soprannaturale da un lato, e le arti magiche dall’altro costituivano punti di riferimento quasi universalmente accettati: si pensi, per fare solo un esempio, al racconto sull’ arrivo dei Libri Sibillini a Roma; oppure, uscendo dall’ambito greco-romano, ai libri mosaici dell’Antico Testamento, pieni di prodigi, miracoli e rivelazioni. Né si deve concluderne che gli antichi fossero, nel complesso, più creduli di quanto lo siano i cosiddetti moderni, ossia di quanto lo siamo noi (che saremo antichi per le generazioni a venire): checché ne pensasse il Leopardi del Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, non abbiamo alcun argomento incontrovertibile per  affermare una cosa del genere. Fra gli antichi, proprio come fra i nostri contemporanei, occorre in primo luogo distinguere fra credulità e, ciò che è ben altra cosa, disponibilità a confrontarsi con fatti che sembrano contraddire il paradigma scientifico del momento; in secondo luogo, fra una massa di persone intellettualmente succube della maggioranza (tra le quali vanno annoverate anche non poche appartenenti alla cultura scientifica dominante, e non solo il cosiddetto popolino) e coloro che, invece, pur dotati di senso critico e di una buona cultura complessiva, anche – ma non solo – di tipo scientifico, posseggono equilibrio, prudenza ma anche la capacità di confrontarsi con i fatti “scomodi” dal punto di vista della loro spiegazione razionale.

In ogni caso, non è questa la sede per discutere a fondo la natura dei fatti misteriosi che abbiamo riportato dalle fonti greco-romane. A noi basta aver sollevato il velo su un aspetto poco studiato del mondo antico, auspicando verso di esso una maggiore attenzione da parte degli storici, ma anche degli antropologi, dei parapsicologi, dei filosofi. Tenendo sempre bene a mente quella saggia riflessione di Shakespeare  (Amleto, Atto I, Scena V): “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano in tutta la vostra filosofia.”

 

        NOTE 

1)    OMERO, Odissea, XI, 34-44.

2)    MASSIMO INTROVIGNE, La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Milano, A. Mondadori, 1997. Si consulti anche, sull’episodio di Apollonio di Tiana, MONTAGUE SUMMERS, The Vampire in Europe, Londra, Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., 1929, pp. 3-7.

3)    Cfr. CASTIGLIONI-MARIOTTI, Op. cit.  Si noti che in Tertulliano, autore del II sec. d.C. e per di più cristiano, il termine ha già assunto una valenza totalmente inattendibile, al punto che egli parla di lamiae turres per indicare le favolette narrate dalle balie: vedi E. e R. BIANCHI-O.LELLI, Op. cit., p. 920.

4)    Da FILOSTRATO, Vita di Apollonio di Tiana, IV: trad. in GIANNI PILO-SEBASTIANO FUSCO (a cura di), Storie di vampiri, Roma, Newton & Compton, 2003, pp. 971-72. Un’opera fondamentale per comprendere questo tipo di fatti soprannaturali nel mondo antico è Arcana Mundi, a cura di Georg Luck (2 voll., 1997 e 1999), della Fondazione Lorenzo Valla. Il primo vol. tratta Magia, miracoli e demonologia, il secondo Divinazione, astrologia, alchimia.

5)    Riportato da FRANCO RHO, Perù e fantasmi, Novara, De Agostini, 1964, pp. 47-48.

6)    P. TURNER-J:WILLIAMS-N.KELLER-T.WHEELER, Nuova Zelanda, tr. it. Torino, E. D. T., 1999, pp. 730-31. La zona di Tautuku si trova nei Catlins, una remota regione boscosa dell’Isola Meridionale.