TORINO. Atlantikà, Sardegna, Isola Mito Immagini e testimonianze di una grande Storia nscosta dalla Geografia. |
fino al 25 febbraio 2007
Cosa c’era al di là delle (prime) Colonne d‘Ercole?
Sono sempre state laggiù, a Gibilterra, le Colonne d'Ercole? Erano proprio lì
sin quando Pindaro ne parlò per la prima volta nel 476 a.C.? Non è più
probabile, che un tempo - prima che Alessandro facesse grande il mondo e che
Alessandria, con la sua Biblioteca, ne ridisegnasse le mappe - quelle Colonne
fossero invece al Canale di Sicilia? C’era forse – come Platone affermava -
un’isola nella collocazione che Sabatino Moscati segnalava come vera "Cortina
di Ferro dell'Antichità" a spartiacque mediterraneo tra il mondo greco e
quello fenicio?
Questa, in sintesi, l’ipotesi di ricerca sviluppata con passione e dovizia
dalla teoria geo-storica del giornalista Sergio Frau. La mostra ripercorre i
contenuti del successo editoriale “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta”, libro
che, fin dalla sua pubblicazione nel 2003, ha suscitato un approfondito e
appassionato dibattito tra gli studiosi della prima storia del Mediterraneo.
Il libro ha poi dato origine alla mostra ATLANTIKA’ – Sardegna, Isola
Mito, curata dallo stesso Sergio Frau e da Giovanni Manca, presentata
a Parigi, presso la sede dell’Unesco nel 2005 ed oggi presso il Museo
Regionale di Scienze Naturali di Torino, con aggiunte ed integrazioni che
tengono conto dei nuovi contributi e delle nuove conferme, di un
“cantiere–mostra” che si presenta questa volta ancor più ricco di occasioni di
dibattito.
ATLANTIKA’- come il suo tema portante – è itinerante. Prima dell’esposizione
torinese, è stata ospitata dall’Accademia dei Lincei di Roma, e oggi giunge
nel capoluogo piemontese - città che ben conosce la complessità degli studi su
oggetti antichi (basti pensare al Museo Egizio o alla Sindone – solo per
citarne alcuni).
ATLANTIKA’ propone una straordinaria lettura iconografica dell’ isola-mito
attraverso le suggestive immagini scattate da Francesco Cubeddu, Marcello
Farris, Mario Garbati, Gian Mario Marras, Franco Stefano Ruiu e i montaggi
grafici di Laura Montelli. Le immagini sono supportate da una importante e
inedita sezione cartografica, da pannelli didascalici e riproduzioni di
particolari di opere scultoree e pittoriche che identificano il mitico confine
del mondo antico e il suo ritorno alla posizione originale, presso il Canale
di Sicilia, là dove Sicilia e Tunisia quasi si toccano. Tale confine, in
seguito al progresso delle conoscenze geografiche dovuto all’alessandrino
Eratostene fu “spostato” a Gibilterra, in epoca ellenistica (200 a.C.). Con il
trasferimento dei confini del mondo sull’oceano Atlantico, anche la mitica
Atlantikà o Atlandide, la cui potente e temuta civiltà, venne spazzata via da
un misterioso cataclisma, noto a tutte le antiche civiltà mediterranee, si
trasformò in qualche cosa di vago e di mitologico.
Partendo dalle ipotesi di Frau, ora trasformate in tesi anche da numerosi tra
i più autorevoli accademici, si rendono così credibili le parole degli
antichi: Pindaro, Omero, Esiodo, Platone e Aristotele, solo per citare i
principali. Tutti questi “testimoni” ci narrano concordemente che non c’era
l’immenso oceano che noi oggi chiamiamo Atlantico, ma esisteva Atlantikà, o
Atlandide, un’isola dall’eterna primavera, ricca di metalli di ogni tipo, dove
i vecchi vivevano felici fino a quando non si stancavano della vita, abitata
da genti potenti e temute, navigatori e guerrieri formidabili tanto da essere
capaci di invadere l’Egitto. L’isola favolosa oltre le Colonne d’Ercole fu poi
sconvolta dal terribile schiaffo marino di Poseidone che abbatté migliaia di
torri e seppellì nel fango intere città, costringendo i superstiti a emigrare
verro nuove terre per costituire nuove civiltà.
Atlantikà è ora identificabile nella Sardegna e l’attuale mostra ci rivela
quanto di mitico e favoloso dell’isola misteriosa, compresa la drammatica fine
della sua civiltà più antica, sia effettivamente rintracciabile nella storia,
nei misteri, nella cultura e nelle lingue della Sardegna, che ben merita
l’appellativo di “Piccolo Continente”.
L’esposizione torinese è affiancata da due altre sezioni, presentate qui per
la prima volta, che intendono illustrare al pubblico la complessità ed il
fascino delle grandi tradizioni della Sardegna.Nella prima sezione sono
esposte alcune delle espressioni più significative della produzione artistica
popolare sarda, capace di trasformare in arte oggetti quotidiani come il pane
ed i vestiti. I pani, provenienti dal Museo del Pane Rituale di Borore (Nu)
offrono una panoramica dei diversi tipi realizzati per marcare il ciclo del
tempo e delle tappe di passaggio della vita dell’uomo: la nascita (pani
dell’infanzia), il matrimonio (pani dei fidanzati e degli sposi) e la morte
(pani per la ricorrenza dei morti). Nella seconda sezione sono esposti i
costumi sardi, con il loro trionfo di forme e colori. Questi costumi,
provenienti dalle zone interne della Sardegna, non sono solo espressione di
abilità tecnica e di utilizzo di preziosi materiali (stoffe, gioielli, tinte
naturali) ma racchiudono un insieme di significati di complessa
decodificazione attinenti alla simbologia e alla ricchezza antropologica di un
popolo che affonda le sue radici nei millenni.
Infine, il Museo Regionale di Scienze Naturali propone una terza sezione, con
una selezione di reperti storici e scientifici provenienti dall’isola, che
mostrano le peculiarità naturalistiche di una terra in costante divenire. La
Sardegna infatti, da un punto di vista geologico, iniziò a separarsi dalla
penisola iberica con l’Oligocene - da 34 a 24 milioni di anni fa. Tale
spostamento, tenendo a lungo separato il “Piccolo Continente” dal resto delle
terre emerse europee, ha permesso la conservazione di alcune rare specie
endemiche e subendemiche. Questa peculiarità, assieme con l’incredibile
ricchezza culturale, archeologica ed etnologica propria della Sardegna, non
sfuggì agli insigni naturalisti del XIX secolo, che incrementarono le
collezioni di svariati musei europei e scrissero notevoli contributi sulla
flora, sulla fauna e sulla geologia dell’isola. Tra i personaggi di spicco del
mondo scientifico piemontese che ebbero maggiori legami con la Sardegna, si
ricordano fra tutti Alberto Ferrero della Marmora, Giuseppe Giacinto Moris e
Giuseppe Gené che arricchirono le collezioni dei musei universitari torinesi
con numerosi reperti provenienti dai loro viaggi nell’isola. A questi antichi
esemplari se ne aggiunsero molti altri frutto delle diverse acquisizioni
operate dal Museo Regionale di Scienze Naturali nel corso degli anni.
Nell’ambito di questa esposizione viene presentato parte di questo patrimonio,
con campioni scelti tra quelli più rari e interessanti, quali l’aquila del
Bonelli (Hieraeetus fasciatus), la pratolina delle scogliere (Bellium
crossifolium), le anglesiti e le fosgeniti dell’Iglesiente.
Info:
Atlantikà: Sardegna, Isola Mito – visitabile fino al 25 febbraio 2007. Orari:
ore 10 – 19. Chiuso il martedì. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 011
4326354.
Disponibili in mostra: “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta”, di Sergio Frau,
NurNeon Editore e il catalogo “Atlantikà” di Sergio Frau e Giovanni Manca in
collaborazione con Massimo Faraglia, NurNeon Editore, Roma, 2004.