H. G. WELLS: LA MACCHINA DEL TEMPO di Stephen Baxter

 
Saggi Critici

Pur avendo compiuto cento anni nel 1995, La macchina del tempo di H.G. Wells è tuttora un romanzo straordinario. Racconta la storia di uno scienziato/avventuriero senza nome dell'età vittoriana che costruisce una macchina del tempo, di forma vagamente simile a una bicicletta, per mezzo della quale potrà esplorare il futuro remoto e scoprire che l'umanità si è ormai degradata nelle due razze degli Eloi e dei Morlock. Il viaggiatore nel tempo torna nella sua epoca, sul finire del XIX secolo, per lasciare una prova della sua esperienza; quindi il romanzo si conclude con il protagonista che risale sulla sua macchina per un nuovo viaggio... dal quale non farà ritorno. Al pari di moltissimi lettori, anch'io ho sempre avuto un'irrefrenabile curiosità di sapere che cosa accadde al viaggiatore! Adesso, però, non ho saputo più resistere, e così ho scritto io stesso un seguito al romanzo di Wells, intitolato L'incognita tempo. E devo dire che durante la fase di ricerca del materiale è stato davvero entusiasmante riesaminare i fondamenti scientifici della macchina del tempo alla luce delle attuali conoscenze fisiche.



 

Quando mi accinsi ad approfondire la questione del viaggio nel tempo mi resi subito conto che -sorprendentemente- i fisici moderni avevano elaborato parecchie teorie sul possibile funzionamento di una macchina del tempo (un buon testo divulgativo sull'argomento è In Search of the Edge of Time di John Gribbin). La maggior parte di queste teorie, che sviluppano gli studi compiuti agli inizi degli anni '80 da Kip Thorne e dai suoi colleghi del Cal Tech, è possibile viaggiare nel tempo a bordo di astronavi che percorrono i cosiddetti "wormholes", cioè dei tunnel temporali ben definiti (cfr. l'articolo "Wormholes, Time Travels and Quantum Gravity" in New Scientist del 28 aprile 1990). Si sono levate parecchie critiche contro la plausibilità di questa teoria. Per esempio, recentemente Stephen Hawking ha obiettato che un tunnel temporale di questo tipo subirebbe un repentina e catastrofica dispersione di energia provocata dalla radiazione che retroagisce su se stessa attraverso il tunnel. Tuttavia ognuna di queste critiche ha avuto la sua replica: nel caso di Hawking c'è stato per esempio Li-Xing Li, un ricercatore di Pechino secondo cui è possibile evitare la retroazione collocando uno specchio sferico nelle vicinanze del tunnel ("Time Travel: It's All Done with Smoke and Mirrors", New Scientist, 4 febbraio 1995). Il problema principale a cui devono fare fronte i teorici che elaborano nuovi modelli di tunnel temporali consiste nello spiegare i conseguenti paradossi del rapporto di causa-effetto (come quello di uccidere il proprio nonno nel passato). Al momento la soluzione più accreditata sembra quella che contempla la teoria quantistica degli universi multipli, dove ad ogni interferenza sulla realtà si crea una nuova linea temporale. Sfortunatamente per me e per H. G., quando si ricerca materiale per un'opera di fantascienza è indispensabile utilizzare soltanto quegli elementi scientifici che soddisfano le esigenze narrative. Da questo punto di vista, quindi, non è stato possibile sfruttare il tunnel temporale di Kip Thorne. Infatti la macchina del tempo di Wells assomigliava più al "Tardis" del Doctor Who, un apparecchio su cui si sale a bordo e che permette di scorrazzare su e giù per il tempo tirando delle leve. Dunque, niente a che vedere con i tunnel. Approfondendo l'argomento, tuttavia, scoprii un'altra teoria promettente, secondo la quale esistono particelle opportunamente in grado di muoversi all'indietro nel tempo senza dover sfruttare i tunnel. Si tratta cioè delle antiparticelle come il positrone, ma anche questa ipotesi era da scartare: annichilare il viggiatore nel tempo e riaggregarlo sotto forma di antiparticelle era un processo che avrebbe richiesto l'impiego di una quantità di massa/energia pari alla Richmond del 1890! D'altra parte, era necessario sviluppare il fondamento logico adottato da Wells, il cui viaggiatore ad un certo punto afferma: "In realtà esistono quattro dimensioni. Le tre che chiamiamo piani dello spazio, e una quarta, il tempo..." (La macchina del tempo, cap. 1). Secondo l'autore, la macchina percorre una "distanza" lungo una quarta dimensione temporale, esattamente come un veicolo tradizionale è in grado di spostarsi nello spazio. È quindi evidente che si tratta di un apparecchio capace di "intrecciare" gli assi dello spazio e del tempo. (A questo proposito è particolarmente interessante il contesto storico del romanzo di Wells. Nel 1895 cominciavano a delinearsi le basi della geometria dello spazio-tempo: Lorentz e Fitzgerald avevano già pubblicato alcune teorie sulla curvatura dello spazio per spiegare i famosi esperimenti di Michelson-Morley sulla velocità della luce - sostanzialmente, i righelli si accorciano e gli orologi rallentano per mantenere costante il valore della velocità della luce -. Nondimeno, Wells ha scritto questo romanzo dieci anni prima della pubblicazione della Relatività Speciale di Einstein, e a quanto pare è stato il primo in assoluto a considerare il tempo come una dimensione geometrica. Se poi pensiamo che le precedenti storie di viaggi nel tempo adottavano come "giustificazione" degli espedienti come gli angeli e le reincarnazioni, l'intuizione di Wells appare ancor più straordinaria). Che cosa potevo estrapolare da tutto ciò per ricostruire la macchina del tempo? Mi concentrai sulle teorie di Einstein. In che modo si può "intrecciare" lo spazio-tempo? Be', secondo la Relatività Generale, una massa in rotazione è in grado di farlo: un flusso di materia producce una distorsione dello spazio-tempo mediante campi gravitazionali, diversamente da una corrente elettrica che invece esercita una forza magnetica. Sembrava davvero uno spunto promettente. E infatti uno studio di Frank Tipler descrive (Physical Review D, vol 9, p. 2203, 1974) la possibilità di viaggiare nel tempo qualora ci si sposti in un certo modo attorno alla superficie di un cilindro infinitamente lungo e che ruota su se stesso a una velocità di poco superiore alla metà della velocità della luce. Per mia sfortuna, un artefatto di questo tipo sarebbe stato eccessivo in una Richmond vittoriana. Alla fine scovai una possibilità che faceva al caso mio. Nel 1949 Kurt Goedel, che lavorava a Princeton con Einstein, pubblicò un articolo intitolato "Un esempio di un nuovo tipo di soluzioni cosmologiche delle equazioni di campo della gravità einsteniana" (Reviews of Modern Physics, vol 21, p. 447). Sì, si tratta proprio del famoso Goedel che nel 1931, appena venticinquenne, aveva dimostrato l'incompletezza della matematica. Ebbene, l'articolo descrive il modello di un universo rotante. Pertanto, la traiettoria di un proiettile scagliato da un punto qualsiasi di questo universo, verrebbe comunque influenzata dal movimento rotatorio generale. Ma la distorsione dello spazio-tempo goedeliano è talmente accentuata che un certo numero di traiettorie avviene lungo linee che vanno a ritroso nel tempo In un universo come il nostro, una traiettoria di questo tipo sarebbe lunga centinaia di milioni di anni luce, ma la si potrebbe accorciare aumentando la densità generale. (Maggiori dettagli si possono trovare nel saggio di Gribbin). Alla fine, dunque, avevo trovato una base scientifica plausibile! E a quel punto immaginai una macchina del tempo che si tuffava in un universo goedeliano ad alta densità e con un'elevata velocità di rotazione, procedendo millisecondo dopo millisecondo lungo delle spirali che la portavano nel futuro o nel passato... Ovviamente, a questa idea è necessario aggiungere altro materiale che possa, per esempio, giustificare l'esistenza di un universo goedeliano o spiegare come una macchina possa accedervi... ma (relativamente parlando!) si tratta semplicemente di dettagli. Ciò che importa è che questa teoria concorda a grandi linee con quella della distorsione dell'asse spaziotemporale adottata da Wells. Sapevo che nello svolgimento della trama, quando il Viaggiatore si sposta indietro e avanti nel tempo modificando la storia, avrei comunque esplorato la teoria moderna degli universi alternativi, così l'idea di un universo di Goedel addizionale rientrava alla perfezione nello schema del romanzo. Inoltre, a mano a mano che raccoglievo informazioni sulla vita e l'attività di Goedel, cominciai a intravedere la possibilità di sviluppare una trama secondaria che avesse fra i suoi personaggi un enigmatico studioso di matematica... Un romanzo di fantascienza non è un saggio accademico (per dirne una, è molto più divertente!), pertanto la ricerca del relativo materiale non è finalizzata all'approfondimento e all'esaustività dell'argomento; anzi, si tende a procedere con rapide consultazioni, magari anche solo degli indici dei testi, affidandosi al proprio intuito. Si cercano insomma solo quegli aspetti peculiari e di maggiore interesse che devono poi adattarsi all'impalcatura scientifica che sorregge il romanzo. Per quanto riguarda l'accuratezza, va detto che l'obiettivo principale è comunque quello di esporre e sviluppare in modo credibile un determinato concetto scientifico, al fine di evitare errori grossolani. Al tempo stesso, è altrettanto fondamentale trovare la giusta prospettiva per descrivere i risultati delle nostre scoperte, proponendole al lettore in modo "indolore". Ovviamente, quando Wells scrisse La macchina del tempo si era proposto ben altri obiettivi che la semplice estrapolazione scientifica. L'evoluzione dell'umanità nelle razze degli Eloi e dei Morlock rappresenta un mito futuro molto complesso che ha una grande risonanza in una cultura dominata dalla teoria darwiniana e caratterizzata da una nuova coscienza sociale. Trattandosi di un'opera letteraria, La macchina del tempo ha avuto numerosi tentativi di imitazione (anche da parte mia!), ma nessuno è stato in grado di superarla. Sta di fatto che, come avviene per ogni romanzo di fantascienza, la descrizione del mito avrebbe avuto un impatto di gran lunga inferiore se non avesse avuto il supporto delle cognizioni scientifiche. E nel caso di Wells, la scienza è stata veramente anticipatoria. Mi sono domandato se nel testo di Wells c'era qualche "prova sperimentale" che avvalorasse la mia intenzione di utilizzare un universo goedeliano. Ebbene, alla fine della Macchina del tempo il narratore assiste alla partenza del viaggiatore: "Mi sembrò di scorgere una figura spettrale e indistinta che sedeva su una massa vorticante nera e gialla... ma poi la figura scomparve... La macchina del tempo era sparita" (cap. 16). Una massa vorticante, eh? Allora era proprio così che funzionava!


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