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"THE ALCHEMICAL BODY"

 

L’INDAGINE SCIENTIFICA SCOPRE LA DOTTRINA DELLA MANIPOLAZIONE DEI FLUIDI SESSUALI

(… e mette in imbarazzo i detrattori de “Lo Sputo della Luna”)

Dedico questo capitolo al Dott. PierLuigi Zoccatelli che per primo mi ha informato dell’esistenza del libro di D.G. White, consentendomi in tal modo di contrastare efficacemente l’azione di tanti “caetanucoli” che volevano che tali storie fossero tutte invenzioni.

 

Nel 1996 uscì negli Stati Uniti, a cura di un Professore dell’Università di Chicago, un corposo libro dal titolo professionale e accademico: THE ALCHEMICAL BODY - Siddha Traditions in Medieval India, di David Gordon White (ora tradotto in italiano dalle Edizioni Mediterranee). Il titolo così com’è lascia intuire poco su alcune importanti conoscenze che vi sono contenute, ed in particolare quelle che hanno relazione con la dottrina kremmerziana della manipolazione alchemica dei fluidi corporei (sperma, sangue mestruale, orina e feci).

 

Il testo invece costituisce una vera sorpresa per tutti coloro che erano inorriditi alla lettura de Lo Sputo della Luna esclamando: “non è possibile che un maestro così sublime come Giuliano Kremmerz possa essere immischiato in queste schifosissime pratiche di magia nera”. Adesso, invece, si scopre che nell’India medievale – grazie forse ad influenze islamiche – gli alchimisti indù trafficavano allegramente con i suddetti elementi e con le stesse modalitàgrosso modo – descritte ne Lo Sputo della Luna.

 

E’ vero, è difficile ammettere che Kremmerz sia lo stesso ripropositore di queste dottrine, dopo che di lui si sono lette le opere ufficiali, ma solo perché queste cosiddette opere ufficiali sono state imposte al pubblico da quei suoi seguaci che, animati da spirito settario e di parte, vollero tenere per se stessi – con spirito massonico e sindacalisticheggiante, come già scriveva nel 1909 Vincenzo Cavalli – quella parte di dottrine che costituivano un mezzo pratico, concreto di realizzazione magica. E’ chiaro che non tutto si poteva dire, specie nei decenni passati, ma quante cose nella società umana si sono potute realizzare – nel bene e nel male – perché qualcuno ha violato la consegna di fare ciò che non si doveva fare?

 

Vediamo dunque di trovare, nel libro dell’esimio professore statunitense, le conferme al contenuto de Lo Sputo della Luna…

 

p.4 Il nostro autore comincia col precisare che nel subcontinente indiano gruppi diversi per ispirazione e finalità dottrinali erano accumunati da un motivo comune: “la considerazione dei fluidi sessuali – maschili e femminili (…) tutti i fluidi, inclusi quelli umani, resine vegetali, pioggia, acque, oblazioni sacrificali, sono tutte manifestazioni di rasa [Mercurio in senso lato]”.

 

“La via per divenire un secondo Shiva fu, nel primitivo tantrismo, realizzata attraverso la guida di un’orda di selvagge divinità (che i tantrici identificavano con le loro compagne), generalmente note come yoginis. Queste divinità “affamate di beatitudine”, attratte dalle offerte di misture di fluidi sessuali, pentrano la coscienza del praticante, per trasformarlo, attraverso la loro sfrenata libidine, in un dio incarnato.

 

p.5 “Per la setta dei Nath Siddhas, i poteri e la liberazione in vita erano i diretti risultati di interne combinazioni e trasformazioni dei fluidi sessuali nell’amrita, il divino nettare di immortalità”.

 

“Nel caso della Dea, la sua secrezione sessuale, il suo seme, assunse il simbolo della mica, mentre il suo sangue mestruale o uterino venne identificato con lo zolfo. C’erano svariate motivazioni a giustificazione di ciò, non ultima quella chimica: la mica e lo zolfo sono degli importanti reagenti nella purificazione e attivazione dell’omologo minerale [mercurio] del seme divino”.

 

p.6 “Parallelamente al suo lavoro di laboratorio, l’alchimista indù si impegna nella pratica dell’hatha-yoga, così come in un certo numero di operazioni tantriche erotico-mistiche che coinvolgono i fluidi sessuali che lui e la sua donna assistente di laboratorio emettono allo scopo di catalizzare le reazioni tra i divini fluidi sessuali sotto forma minerale”.

 

p.9 “Che questi Yoghi fossero alchimisti ci è noto non da una testimonianza qualsiasi ma da quella di Marco Polo che, descrivendo un gruppo di ciugi (yogi) da lui incontrati sulla costa malabarese dell’India alla fine del tredicesimo secolo, attribuiva la loro sovrumana longevità di 150-200 anni, al fatto che ingerivano un elisir composto di mercurio e zolfo”.

 

p.25 “uno dei primi riferimenti di medicina ayurvedica che possediamo circa l’utilizzo interno del mercurio – chiamato anche rasa, fluido vitale del dio Shiva – lo prescrive come trattamento per incrementare la produzione di seme maschile. La durata del trattamento è alquanto significativa: come la luna, i dhatus corporei si riempiono in quindici giorni”.

 

p.72 “In parole povere, scopo dell’alchimia tantrico-buddhista è la produzione del nettare d’immortalità e saggezza grazie alla combinazione di sperma e sangue uterino ed è ad un tempo yogica e sessuale. L’alchimia indù impiega gli stessi mezzi ma li integra con elisir a base minerale ottenuti con alchimia di laboratorio”

 

p.136 “…il culto delle yoginis (che venivano invocate con l’offerta e la consumazione collettiva di sangue, carne, vino, e fluidi sessuali)”.

 

p.137 “I Kaulas sono quelle persone che fanno parte di un kula, cioè, una discendenza settaria, una particolare line tantrica di trasmissione che si perpetua di maestro in discepolo e che fa uso del potere dell’essenza della secrezione sessuale della Dea, anch’essa detta kula. La reinterpretazione fatta da Abhinavagupta delle pratiche del kula verte specificamente sulla questione dell’orgasmo sessuale e dell’impiego dei suoi derivati: mentre nel Vidyapitha lo scopo principale era quello di produrre le sostanze di potere necessarie per soddisfare le divinità, qui il rito dell’accoppiamento è esteticizzato…l’enfasi si porta direttamente sull’orgasmo. Esso non è più principalmente un mezzo di produzione. E’ un mezzo privilegiato per accedere all’espansione estatica della coscienza in cui le divinità del Kula permeano e convalidano l’ego del fedele. (…) In certi casi [Abhinavagupta] prescrive, per il conseguimento dei poteri, la consumazione dei fluidi sessuali dopo il coito. In questo caso, i celebranti devono passarsi i fluidi da bocca a bocca prima di versarli in un vassoio come offerta agli dei del sacrificio tantrico. Nell’opera dei Siddha Cakra dell’yuganathas, l’officiante fa offerta a Bhairava (con il quale si è identificato) e alla catena energetica che lo circonda, bevendo una mistura di fluido sessuale maschile e femminile (…) Nello stesso commentario, Jayaratha fa riferimento ai fluidi prodotti sessualmente come ai migliori elisir”.

 

p.138 “La forza cosmica che attiva e attualizza ogni aspetto della pratica tantrica è, in fondo, nient’altro che una corrente o un flusso di fluido sessuale. La vita e la struttura di una famiglia o di un clan tantrico (Kula), è costituita dal flusso datore di vita – e immortalità – dell’essenza del clan che è trasmessa, concretamente e in forma di fluidi sessuali, con l’iniziazione tantrica e i rituali di adorazione. Ciò è attestato da un ampio ambito di riferimenti. (…) Anche al giorno d’oggi i tantristi dell’Assam identificano il loro nettare di trasmissione con il fluido mestruale della Dea o con la mistura dei fluidi sessuali di Shiva e della Dea”.

 

p.163 “Al vertice di questa devozione c’è l’adorazione di Shiva sotto forma di un fallo di mercurio, il cui mercurio è stato stabilizzato e calcinato con sangue mestruale. Nessun testo alchemico tantrico è così attento ai poteri miracolosi del sangue uterino o mestruale come il Matrikabheda Tantra. Tale sangue è classificato in sei tipi diversi – in base all’età, allo stato maritale, e all’esperienza sessuale della donna in questione – ed il suo impiego è prescritto in numerose pratiche, sia rituali che alchemiche”.

 

 p.172 “Come segnalato in un precedente capitolo, l’autore del Rasarnava Tantra considera la scuola alchemica come una trasmissione, una catena con una sua propria insegnante del Kula. Siccome il nettare di trasmissione della discendenza alchemica è, come quella di altre sette tantriche, trasmesso attraverso le secrezioni sessuali femminili, questo testo prescrive rapporti sessuali e devozioni erotico-mistiche quali vie di trasformazioni alchemiche (con l’eccezione degli yogi, che sono invitati a serbarsi casti nel periodo della preparazione del loro mercurio). Tuttavia, una donna assistente di laboratorio (e, in specie, il suo fluido sessuale e mestruale) è importantissima per la pratica dell’alchimista. Tuttavia, il fluido deve essere trattenuto da un’altra donna”.

 

p.173 “L’alchimista tantrico tempera il suo tantrismo e sublima certe pratiche erotico-mistiche kaula con tecniche di hatha-yoga e di laboratorio [cioè le pratiche più efficaci sono proprio quelle erotico-mistiche…]

 

p.175 “Adorando Shiva sotto specie di mercurio calcinato, con sandalo, canfora e croco, si consegue il cielo di Shiva, Shivaloka. Ingerendo mercurio si distrugge la triade dei peccati (in pensieri, parole e opere), delle afflizioni e degli stati di debolezza”.

 

p.188 “Il più concreto punto di intersezione tra le tradizioni yogiche ed alchemiche dell’India sta nell’identificazione del mercurio con lo sperma di Shiva, e dello zolfo, arsenico rosso o mica col sangue mestruale o secrezione sessuale della Dea”.

 

p.197 “Nel laboratorio alchemico, tali omologie vengono messe in pratica tramite tecniche che coinvolgono la mistura di sperma e sangue umano, divino e minerale. Qui, il punto di convergenza tra questi sistemi interpenetrativi è la figura dell’assistente di laboratorio-donna dell’alchimista, di cui si parla nel Rasarnava Tantra e in numerose altre fonti. Questa assistente può essere di quattro tipi: kakini (una donna che mestrua nella fase oscura del mese lunare), kikani (una donna che mestrua nel pieno del mese lunare), kancikacini (che mestrua nella fase crescente), o padmini (che mestrua sia in luna piena che in luna nera). I nomi di questa assistente sembra che facciano riferimento diretto al suo organo sessuale, che è anche descritto in questi testi, in termini ideali, assomigliante ad una foglia di ashvatta (ficus religiosa). In effetti, ogni cosa a riguardo della donna dell’alchimista è ideale: essa è giovane, bella, capelli nero corvini, occhi di cerbiatto, perfettamente proporzionata, di buon parlare, sorriso lunimoso, gentile quando bacia e abbraccia, ghiotta di prodotti caseari, e devota di Shiva. Tuttavia ciò che la rende degna di interesse pare che sia il suo organo sessuale così come il sangue mestruale che ne sgorga, e ciò per una ragione molto pratica, che il Rasaratnasamucchaya spiega: Colei che mestrua nella metà scura del mese lunare è la più adatta per la fissazione del mercurio nella pratica alchemica. In che modo quest’assistente giova al potere dell’alchimista? Per ventuno giorni essa deve mangiare zolfo…il suo sangue mestruale diviene così atto a fissare e calcinare il mercurio. Altre fonti istruiscono l’alchimista a porre il detto mercurio, avvolto in una pezzuola, dentro la vulva della sua compagna, allo stesso scopo; oppure a macerare dello zolfo nel sangue mestruale di una donna allo scopo di aumentare la sua potenza”.

 

p.199 “I fiori di una donna misti con sperma e mangiati per un anno” vengono proposti come un elisir. Qui, i fiori in questione sono il sangue mestruale (specie quello di una vergine, di una donna che dev’essere ancora deflorata), e non dovremmo sbagliarci se qui facciamo notare che lo zolfo nella sua forma pura è conosciuto in questa tradizione, come in occidente, come fiori di zolfo. (…) Precedentemente, ho citato la pratica conosciuta come vajroli mudra, grazie a cui il praticante maschio è in grado di attingere direttamente dal fluido l’essenza di potere che scorre naturalmente nella sua compagna tantrica, la yogini. In termini tecnici, vajroli mudra è una suzione uretrale o, più prosaicamente, la tecnica della fontana penica, con cui il praticante maschio, dopo aver eiaculato nella sua compagna, riassorbe il suo proprio sperma, ora catalizzato grazie alla commistione con la di lei essenza sessuale o sangue uterino, e portato indietro nel proprio corpo. Così facendo, assorbe in sé, assieme al proprio seme raffinato, una certa quantità di quell’essenza femminile che può in seguito servire a catalizzare il processo yogico (risveglio di kundalini, ecc.) con cui il suo seme viene trasmutato in nettare.

Molte fonti rilevano che la donna può fare lo stesso dell’uomo, cioè, trattiene il suo seme dentro di sé per in tal modo catalizzare le proprie trasformazioni yogiche.(…)

E’ un dato comune in tutte queste tradizioni che la trasmissione del fluido o il nettare del cerchio tantrico, l’essenza sottile fluida che libera la consapevolezza, sia naturalmente presente nella donna, ed è precisamente per questo motivo che il praticante tantrico maschio si lascia coinvolgere in rapporti sessuali con essa. (…)

è pertanto necessario per i maschi attingere nella donna in modo che questa inesauribile fonte di energia venga attivata in loro.(…)

Nella pratica erotico-mistica, è originariamente nella praticante femmina che la pura sostanza (Maharasa) risiede. Questa appunto viene trasmessa al praticante maschio e restituita alla femmina in uno scambio finale effettuato da bocca a bocca… questo si svolge dalla bocca-principale (quella della yogini) alla bocca dell’adepto e viceversa.

 

[il nostro autore precisa poi, che solo successivamente questa pratica è stata considerata da un punto di vista esclusivamente simbolico e interiore].

 

p.202 “Il frutto di questa unione, l’assunzione della mistura di fluidi maschili e femminili nello yogi… [determina la formazione] di un corpo di diamante [o corpo di gloria]. E’ un corpo in possesso di tutti i poteri yogici, compresa la capacità di trasmutare i metalli comuni in oro con l’impiego dei propri escrementi, saliva ecc.

 

p.312 Dal quarto al quattordicesimo secolo le fonti tantriche – il Tantraloka di Abhinavagupta, il Kularnava Tantra, il Saradatilaka e il Goraksa Samhita – descrivono un’iniziazione conosciuta come vedhamayi diksa, “iniziazione sotto forma di penetrazione”. Si tratta della penetrazione, da parte della shakty del guru, del corpo sottile dell’iniziando. Abhinavagupta afferma che l’iniziazione per penetrazione è di sei tipi, uno dei quali è chiamato binduvedha (penetrazione di “potenza virile” ma anche di una “goccia”, bindu di sperma)…. L’iniziazione nella setta degli Aghori Shaiva avviene quando il guro pone una goccia del suo sperma sulla lingua dell’iniziato. Infine, in un passo peraltro ispirato dal Kaulajnananirnaya di Matsyendranath il Tantraloka prescrive il passaggio bocca-a-bocca dei fluidi sessuali per l’ottenimento dei poteri. Alla luce di questi dati, possiamo concludere che lo yogurt che Gorakh “rovescia” e offre sputando nella bocca del principe Prithivinarayan, lo sputo trasmutatorio che cade vicino al re Vikramaditya e sul piede di Bappa Rawal, la posizione sessuale invertita che la giovane danzatrice Dombi assume per sedurre il re Chakravarman – possono tutti quanti essere letti come tanti racconti appena velati dell’iniziazione per penetrazione, mediante la quale un guru cerca di trasformare il discepolo in un essere realizzato, immettendo in lui il suo sperma sublimato.

 

p.320 La più alta forma di trasmutazione, shabda vedha, avviene quando l’alchimista provetto, tenendo una pillola di mercurio in bocca, la proietta sui metalli base. Altrove il Siddha yoghi alchimista è in grado di adoperare le proprie secrezioni corporee per “penetrare” e trasmutare i metalli base in oro. (…) questa penetrazione dei chakra – chiamata chakra bedhana o chakra vedhana - è anche una specie di penetrazione sessuale, sebbene condotta con le polarità sessuali invertite, dato che è una kundalini femmina quella che si sveglia, potenzia, innalza e financo scaglia fino in cima alla volta cranica, cavità che è la sede del maschio passivo Shiva.

 

p.321 Quando il guru entra nel corpo del suo discepolo sotto forma di una goccia di saliva, di sperma o come suono, è sempre lui che penetra per primo i sei chakra del discepolo, prima di uscire dalla bocca di quest’ultimo e rientrare nella propria bocca.

 

AVREMMO POTUTO CONTINUARE IN MODO PIU’ ESAURIENTE LA SEQUELA DI CITAZIONI DAL LIBRO DEL WHITE. CI BASTA AVERE RIPORTATO QUESTI PASSI INEQUIVOCABILI; IL LETTORE INTERESSATO POTRA’, SE LO VUOLE, PROSEGUIRE STUDIANDO ATTENTAMENTE IL TESTO DELL’AUTORE AMERICANO. A NOI E’ BASTATO PRODURRE UNA PROVA CHE QUANTO RIPORTATO NE “LO SPUTO DELLA LUNA” E’ IL RETAGGIO DI UN INSEGNAMENTO CHE SI E’ PERPETUATO OCCULTAMENTE SIA IN ORIENTE CHE IN OCCIDENTE, COME DIMOSTRANO ANCORA I RIFERIMENTI DEL TESTO CHE SEGUE:[1]

 

Sangue sacro, fluido, che non coagula, in perfetta sintonia con le leggi del cosmo, appare e scompare per poi mostrarsi di nuovo, in un eterno ripetersi. Rituale magico, misterico, associato all’armoniosa accordatura lunare, prodigio biologico dal profondo aroma mistico e ciononostante bistrattato, negato, screditato, demonizzato, escluso per quanto possibile da ogni memoria spirituale.

 

Nulla come il Menarca, il Visitatore Rosso, il Cardinale, la strada rossa, il tempo dei fiori come dicono gli Indiani, o la ciliegia colma di sherry degli Americani ha subito quel processo, per sua natura parziale, chiamato rivisitazione storica, con tanta violenza e determinazione. In India menarca (visitatore misterioso dal nome greco-antico) è l’Anno dei meloni che si aprono oppure la rossa Dakini, ma spesso viene definito con termini più timidi e dimessi come le cose, le noiose, la pioggia o espressioni umoristiche e maliziose come la comunista, la zia rossa della riva rossa, il Mar Rosso va in giro o l’uscita da Roma[2].

 

E’ una vecchia storia lunga quanto il mondo e forse anche di più! Sacer mensis, letteralmente “mestruazione sacra”, è probabilmente l’origine della parola sacramento[3], il che porta immediatamente alla memoria, di tutti coloro che hanno ricevuto un’educazione cattolica, suoni di campanelle, odore di incenso, rituali offuscati dal fumo delle candele votive, litanie più o meno comprensibili, pizzi, merletti e ori a cornice di ostie e vino consacrati.

 

Il mistero della trasformazione del sangue è il valore centrale di alcune religioni. Nella religione patriarcale cristiana, il portatore di questo sangue è Gesù, il suo sangue è maschile e scorre con la morte: Il “sangue del Nuovo Testamento” (Matteo 26:28) “ci purifica da tutti i peccati” (I Lettera di Giovanni 1:7), attraverso il sangue di Gesù otteniamo “redenzione” (Lettera agli Efesini 1:7) e il suo sangue è la “vera bevan­da”(Giovanni 6:55). Ora al di là del gusto per i dogmi ed il piacere più o meno privato che ne può seguire, che il san­gue di un uomo ucciso dagli uomini debba garantire vita eterna è concetto privo di ogni concretezza, un’idea astrat­ta dell’immortalità non verificabile da nessuno e può es­sere inteso solo simbolicamente come mistero della tra­sformazione. Molto più probabile è che prima della de­monizzazione del sangue femminile e la santificazione di quello maschile fosse il sangue mestruale ad essere consi­derato sacro, sangue che scorre senza ferite, senza ucciso­ri e senza uccisi, ma che col suo ciclo rende possibile e ga­rantisce la vita eterna su questa terra. Sangue concreta­mente sperimentabile e verificabile da ogni donna nella quale biologicamente è insito e soprattutto reale il mistero della trasformazione.

 

Il fatto che una tale verità abbia subito nel corso del tem­po una deviazione così drastica da umiliare il sacro flusso con montagne di assorbenti, timidi e a forma di tappo o anatomici per gettarsi col paracadute o santificati con tan­to di ali, spiega la difficoltà nel restituire al Menarca il po­sto che gli spetta, intraprendendo un viaggio a ritroso lun­go la storia dell’evoluzione tra miti, patriarchi e multina­zionali farmaceutiche. La teoria dei quanti mostra che nelle reazioni l’osserva­tore e l’osservato si condizionano reciprocamente e co­stituiscono un’unità e che quindi lo scienziato (o il ricer­catore) oggettivo in realtà agisce come partecipante sog­gettivo. E’ chiaro che ciò non vale solo per le nuove ac­quisizioni, ma anche e soprattutto per quello che ritenia­mo già acquisito.

 

Nella Cabala il significato reale e spirituale del sangue appare incarnato nella Sephira Daat. Daath è la Conoscenza, ma la conoscenza fondata non su conclusioni logiche ben­sì su esperienze sensibili, corporee e ciò che è corporeo è il fondamento di ogni esperienza spirituale.

 

In ebraico sangue si dice DAM. La sillaba primordiale DA e DAM, che indica l’esperienza fisica del sangue propria della donna, abbraccia il rivelarsi, il diventare visibile del sacro e lo sperimentarlo. DA significa il ”sangue”, la per­cezione materiale e l’esperienza spirituale di esso e la sua potenza creativa. Da qui si sono sviluppate nei miti le dee Danae, Dafne, Danu, Diana, Delia, Dalila, Damgalnunna e i figli amanti che vengono dal loro sangue DA, come Daniel, Damuzi e Damocle.

 

Nel tantrismo, una forma di culto in cui da sempre sono accolte pienamente corporeità e sessualità, sono presenti nel Rito Grande due elementi: Suk­ra e Rakta. RAKTA è il sangue mestruale. La sa­cerdotessa, che nell’unione deve assolutamente mestruare perché le sue energie lunari possano fluire, incarna proprio la forza del RAKTA. Nei Tantra, SHAKTI è la dea saggia che sa della me­struazione e della sua spiritualità. Quando mestrua, si chiama la rossa DAKINI e rappresenta l’energia mate­riale e al tempo stesso spintuale del sangue. La DAKINI tantrica corrisponde, in quanto dea co­smica del sangue, alla dea ebraica RUAH, lo Spiri­to Femmina il cui nome significherebbe la for­za del rosso e che personifica quella sag­gezza del corpo e dello spirito di cui nell’Antico Testamento si dice che “giocava” fin dall’ini­zio del mondo. Nella storia dell’umanità la percezione del sangue che scorre e poi da solo smet­te e poi scorre di nuovo deve essere stata un’enorme spinta al­la coscienza. Tutti i riti iniziatici ruotano intorno al sangue. Il sangue è tabù, nel vero senso della pa­rola ovvero santificato, numinoso, mana. In Polinesia e fra i Sioux la parola TABU’ ha due significati: santificato o mestruato. Gli indiani Dakota usano la parola WAKAN, che significa: mera­viglioso, mestruale, spirituale.

 

Prendiamo fiato per un momento, io per prima, e trastulliamoci con un po’di numeri. Esiste un peso critico sotto il quale la donna non può avere biologicamente il Menarca, circa 42 chili. Una donna durante la sua vita avrà le mestruazioni per una media di 450 volte generando, più o meno, 40 litri di sangue sacro, sangue che non coagula.

 

All’inizio dell’evoluzione umana diciamo che era il flusso di sangue, la cui importanza si dispiegava in un ricco simbolismo: Il filo rosso guida Arianna attraverso il “labirinto”. Con una corda rossa Rahab si leggittima come dea salvatrice e come rappresentante della cultura ma­triarcale (Giosuè 2:18-21). Nella loro processione da Atene a Eleusi i mystai, gli ini­ziati, si legano un filo purpureo intorno al piede sinistro. Era, nella veste di Ebe (Eva=vita), porge agli dei il vino ros­so sovrannaturale.Il   dio nordico Thor ottiene l’illuminazione e la vita eterna dal fiume riempito di sangue. L’idromele rosso dei re celtici ed il tappeto ros­so rappresentano ancora oggi un simbolo di potere e viene disteso davanti ai re. Lilith fugge per vivere da so­la, dopo aver lasciato Ada­mo, nel mar Rosso.Il fiume Stige, che si avvolge sette volte all’interno della terra per ritornare in superficie nei pres­si della città Clitor, è il fiume sul quale gli dei dell’Olimpo fanno i loro giuramenti, come li fanno sul sangue delle loro madri.

 

E poi ancora: la dea indiana dPal-Idan-Iha-mo cavalca sul suo mulo rossastro su un oceano di sangue e Rabie Hainuewele, la dea-luna di Ceram, fa scendere i bambini sulla terra attaccati ad una collana di co­ralli rossi.In una fiaba balcanica l’eroe deve trovare un capello rosso come il sangue. Quando lo spez­zerà vi troverà scritte al suo inter­no “molte cose importanti, tutto quello che era accaduto e quando si era verificato, a parti­re dalla creazione del mondo” affinché “vengano rivelati i segreti finora rimasti nascosti”.

 

Durante il mestruo le donne hanno spesso sogni profon­di, importanti e un rapporto molto naturale con la tra­scendenza interiore: del resto, anche l’oracolo di Delfi ve­niva annunciato una volta al mese, no? Inoltre, cosa assai interessante è che una donna che non vive il proprio san­gue come una cosa peccaminosa ed è quindi attiva ses­sualmente durante la mestruazione, può conoscere in que­sta fase una soddisfazione assai superiore e raggiungere dimensioni della sessualità diverse e più profonde nonché la capacità, grazie alla sua clitoride più che mai sensibilis­sima, più e più orgasmi.

 

Proviene dall’india il mito che narra come l’essenza della dea si condensi, diventi sangue, formi un grumo di fango e poi una crosta dura, l’essenza consolidata diventa mate­ria e cosi nasce il cosmo. Gli indiani del Sudamerica dicono che l’intera umanità fu creata all’inizio dal sangue della luna. La grande vasaia Mammetun o Aruru spalmava bambole di argilla con san­gue mestruale. Anche Adamo, il primo uomo biblico, fu fatto di ADAMA, che non significa “terra rossa” o “ocra rossa”, ma argilla mescolata a sangue. Perfino Allah faceva gli uomini col sangue fluido e prima dell’Islam c’era appunto la dea della ceazione Al-Lat. Della dea Kalì indiana, chiamata Kalì-Maya, si dice: in­vitò gli dei a bagnarsi nel flutto sanguinoso del suo utero e a berne, e gli dei in santa comunione bevvero dalla fon­te della vita, si bagnarono in essa e si sollevarono benedetti al cielo”.

 

I miti indiani chiamano questo sacro flusso SOMA e con questa parola designano l’oceano di sangue della dea Kalì. La fonte del SOMA fu la luna e da1 SOMA nacquero tutti gli dei. SOMA era il segreto della Dea Madre e veniva inteso come la parte attiva della “anima del mondo”. SOM­VARA è il nome che indica il lunedì, il giorno della Luna. Alcuni miti raccontano che la dea Lakshmi diede da bere una bevanda di SOMA al marito Indra per farlo diventare re. Di questa bevanda l’uomo rimase “incinto”.

 

Nei Tantra il succo dell’immortalità si chiamava SAME. I taoisti affermano che si può diventare immortali bevendo sangue mestruale. Il SAME viene detto anche “il rosso succo yin”. Per i Cine­si SAME è l’essenza della “Madre Terra”, il principio yin che dà vita a tutte le cose. Nella Cina taoista il rosso è il co­lore sacro e il colore della felicità. In Egitto il SOMA è il geroglifico SA, che è al tempo stes­so il segno della vulva, il laccio della Yoni. ll segno ankh (ANKH, vita e specchio) e l’anello-shen (SHEN, infinito) sono entrambi SA, come il segno stesso di Iside. Dipinto di rosso, questo laccio significa i genitali femminili e la “por­ta del cielo”e viene sempre riprdotto sui sarcofaghi per­ché, essendo il sangue di Iside, è segno di garanzia di ri­nascita.

 

In greco SOMA diventa “corpo”, degenerando in un con­cetto limitato al visibile, ma il fiume greco Stige era il fiu­me rosso che, nei pressi della città di Clitor, esce dalla va­gina della terra e attraversarlo significava intraprendere il viaggio nel regno dei morti. Lo stesso cammino degli Israeliti attraverso il Mar Rosso può essere inteso come un rituale di rinascita collettivo. Anche il giardino del Paradiso ha in sé l’idea del centro uterino della Terra. Nell’Elisio fioriva il papavero rosso che versava la sua acqua dalla fonte dell’eterna giovinez­za, di cui si dice che trabocca una volta al mese. E’ chiaro come la morte e la rinascita simbolica fossero as­sociate alla fonte del sangue ciclico. I re celtici erano immortali perché bevevano “l’idromele rosso” dal triplice paiolo dell’immortalità che stava nel­l’utero della Madre Terra. Mab, la dea delle fate, somministrava questa bevanda. Nel Medioevo i re, che portavano un mantello rosso, be­vevano il Claret, un vino rosso. Esso aveva la rossa forza spintuale e il potere della mestruazione, e “Claret” era ef­fettivamente un sinonimo di “sangue”. Il suo nome signi­fica “illuminazione”, ed esisteva il detto: “l’uomo nella lu­na beve il Claret”, legato alla nozione che il vino rappre­senta il sangue della luna. Nel cristianesimo le uova di Pasqua dell’originaria dea celtica Eostre venivano dipinte di rosso in quanto frutti dell’utero. Eostre, Pasqua, risale alla dea sassone-germa­nica Ostera, il cui nome fa parte dello stesso campo se­mantico del greco HYSTERA, che in tedesco significa “utero”. Le uova rosse sono un simbolo di resurrezione: venivano messe sulle tombe per dar forza ai morti nel lo­ro viaggio di rinascita. Le tracce di questa usanza si pos­sono ritrovare fin nel paleolitico. Circa centomila anni pri­ma della nostra era i morti venivano sepolti nelle caverne dipinte di rosso; sistemati in posizione fetale, venivano di­pinti a loro volta di colore rosso o cosparsi di ocra. Per il viaggio attraverso l’aldilà ricevevano doni funerari e cibo, fra cui uova dipinte di rosso. E non è che l’inizio.

 

Si potrebbero riempire libri e libri di sangue mestruale e sfido chiunque, dopo aver letto questo piccolo accenno a ciò che nell’evoluzione umana ha rap­presentato e rappresenta il sangue sacro, a parlare di “co­se” senza sentirsi “dialetticamente ed intellettualmente menomato”.

 

 

 



[1] Di Sister Etrtzy De Moon Sabe da “Torazine – capsule policrome di controcultura pop”. Maggio 2000 – con il titolo originale di “Come ad Eleusi il mistero del sangue si può solo ballare” - Per gentile concessione di Venerea Incorp

 

[2] [C’è anche un eufemismo francese (pare coniato dalle donne di Normandia…) di tipo militare: “Il n’y a pas moyen ce soire, mon chèri: les Anglais ont débarqué” alludendo al colore delle giubbe che un tempo avevano i soldati inglesi]

[3] [In dialetto veneto è nota l’espressione popolare Sacramento!  E quella ormai in disuso ma più significativa di Sacra mescola!]

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