Ermete Trismegisto/Thot 

I Greci conglobavano le religioni dei popoli con cui entravano in contatto, per poi modificarle mano a mano e farle proprie; forse avevano capito che gli dèi erano sempre gli stessi per tutti, e che si spostavano in lungo e in largo sulla terra a loro piacimento. Così pensavano, dando loro un nome diverso, di appropriarsene legittimando la sacralità della Grecia e, per i propri eroi (che godevano generalmente della protezione di una divinità), l'origine divina. Alcuni dèi apparivano all'improvviso assumendo sembianze diverse per non essere riconosciuti, altri si manifestavano direttamente, e uno in particolare solcava i cieli: Ermes, il messaggero degli dèi. Un'allegoria del volo intesa certo a descrivere un fenomeno impossibile da spiegare razionalmente per l'uomo di allora, lo rappresentava con elmo e  piedi "alati". E' interessante anche come Ermes riuscisse a far innamorare chi veniva colpito da una delle sue frecce... come se Amore, Conoscenza e Divinità formassero una trinità. Ermete Trismegisto (Ermete tre volte grande) ha tramandato fino al giorno d'oggi una serie di rivelazioni riguardo grandi "misteri" come l'antropogonia, la teosofia, l'escatologia, la cosmogonia, senza tralasciare la medicina, la matematica, l'astronomia e altre scienze fondamentali per l'evoluzione di una razza intelligente. Attraverso una serie di trattati, dialoghi e riferimenti a scritti di eruditi famosi, il retaggio ermetico viene raccolto e diffuso sotto il nome di "Corpus Hermeticum", attribuendo a Ermete la paternità dello stesso. Non si tratterebbe tuttavia di Ermete/Thot, ma di un suo nipote, cui era stato dato il nome del famoso nonno. E poiché l'opera è ambientata in Egitto e viene proposta in forma di "dialoghi", ecco che vengono citati personaggi come Iside (Isi/Sothis), lo sposo-fratello Agathos Daimon (Osiride/Kneph), il loro unico figlio Horus (Aurus/Oro), Asclepio (Esculapio/Imhotep/Imouthes), Ammone (Amon/Khnun) e molti altri. E naturalmente lo stesso Ermete, essendo l'interlocutore principale. Spiccano anche alcuni personaggi mai citati altrove come Poimandres, il sacerdote Bitys e un figlio di Ermete/Thot (!) di nome Tat. 

Si ritiene comunemente che il testo geroglifico originale sia stato tradotto in greco dai sacerdoti egizi, una volta resisi conto, con l'arrivo dei Tolomei, che il greco stava diventando la lingua di uso diplomatico, destinata a far scomparire quella autoctona. Con questa ipotesi sembra possibile che per una traduzione di tale importanza si fossero avvalsi della collaborazione di qualche erudito greco ospite in Egitto. Dovendo tradurre un codice antico, in parte sicuramente criptato, in modo che mantenesse le caratteristiche della consueta dualità, il testo egizio avrebbe dovuto dire cose comprensibili a tutti gli eruditi (specialmente quelli greci), ma avrebbe dovuto rivelare il "vero" contenuto solo a chi sarebbe stato in grado di comprenderlo e di usarlo. E questo sarebbe fatalmente avvenuto al momento opportuno, quando l'umanità sarebbe stata pronta. 

La figura di Thot - "il grandissimo" - è strettamente legata all'Ermetismo, essendo Thot il dio egizio legato alla "Conoscenza Nascosta". Associato alla Luna (con cui aveva barato al gioco del senet per strapparle i famosi cinque giorni epagomeni), alla scrittura (inventore dei geroglifici), alle scienze in generale, Thot era anche il dio della medicina e dell'astronomia (misuratore dei cieli e conoscitore delle stelle); collegato all'aldilà, presiedeva al rito della pesatura dell'anima del defunto (la bilancia era una sua invenzione). In alcune regioni dell'antico Kemet, Thot era colui che aveva dato origine alla vita sulla terra... la divinità suprema. Aveva dimostrato di essere intelligente, furbo e, se necessario, capace di imbrogliare... 

Ci sono inoltre molte similitudini tra il mito di Ermete e quello di Enoch. E tra il "Corpus Hermeticum" e il "Libro di Enoch". L'unica differenza sostanziale sembra essere il fatto che Ermete tradusse gli scritti del suo omonimo nonno, mentre Enoch li scrisse di suo pugno al ritorno dal cielo. In comune entrambi attribuiscono alle informazioni scritte o riportate la stessa origine divina. Non è la prima volta che un mortale riceve informazioni o scrive sotto dettatura da una divinità: basta pensare a Mosè e a Maometto. Se poi ci dedichiamo alla ricerca di analogie del genere, le troviamo anche in altre antiche culture, compresa quella vedica. Da qualunque parte venga esaminata la serie di coincidenze, spicca un collegamento egizio/greco/giudaico/vedico...

Viaggiatori

Studiosi, viaggiatori e storici del passato, come Erodoto, Manetone, Solone, Laerzio, Diodoro Siculo, Eraclito, Platone, Socrate, e molti altri, vissero lunghi periodi in Egitto dove si recavano per apprendere dai sacerdoti egizi quanto più "scibile" possibile: al tempo di Platone era quasi una consuetudine, per gli eruditi greci, affrontare questo viaggio "sapienziale". Eraclito fu influenzato da quanto appreso in Egitto soprattutto circa la religione, influenzando a sua volta con il suo pensiero la corrente degli Stoici... e del resto anche Aristotele subì il fascino della dottrina di Platone, suo maestro. Fu l'Ellenismo a mettere fine gradualmente alla civiltà egizia, e questo incombente quanto inarrestabile pericolo non era sfuggito ai sacerdoti egizi, che vollero garantire alle generazioni successive i preziosi codici - già retaggio millenario -, traducendoli in una lingua destinata a sopravvivere alla loro. Ma allo stesso tempo sigillarono in un luogo inaccessibile i "Libri di Thot" originali, o quello che essi rappresentavano, assieme alle tecnologie "proibite" che oggi definiremmo di "retro-ingegneria" Platone parla di Thot in varie occasioni, ad esempio nel "Cratilo" e nel "Fedro" (dove narra il mito di Theut). Non bisogna dimenticare, comunque, che Erodoto di Alicarnasso visitò l’Egitto nel 450 a.C. - quindi in epoca relativamente recente - e dunque (in relazione ai Libri di Thot) egli si limitò a riferire solo quanto gli era stato raccontato. Come farebbe oggi qualunque cronista, raccolse molte testimonianze dai sacerdoti, dagli eruditi che lo ospitarono, ma spesso anche dal popolo, e per questo non è escluso che qualcuno gli abbia raccontato anche qualche fantasia… 

Erodoto

Nel V secolo a.C. Erodoto visita l’Egitto, assiste ai riti e parla con i sacerdoti. Nei suoi racconti evoca i Misteri di Osiride che si celebrano a Saïs. Nel secondo volume delle "Storie", racconta: "Dall'Egitto vennero in Grecia quasi tutte le divinità." E ancora: "Gli Egiziani residenti nella parte seminata dell'Egitto sono i più dotti fra tutti coloro con cui io abbia mai avuto a che fare, perché coltivano memoria dell'umanità intera." Per Erodoto i Misteri della Grecia dovevano tutto all’Egitto. I saggi greci erano venuti a cercare la conoscenza presso i saggi egiziani, e molti di loro erano stati iniziati ai Misteri assicurando in tal modo il trasferimento della conoscenza egiziana al mondo ellenico. 

Talete

Il primo dei sette saggi, Talete di Mileto (~624-~548) frequentava i sacerdoti egizi e misura le piramidi con Solone

Plutarco

Secondo Plutarco è stato Talete a portare in Grecia la geometria egiziana. Solone (~640-~558) era stato svariate volte in Egitto e qui discuteva di filosofia con i sacerdoti. Fu lui il primo a riferire i racconti su Atlantide ai Greci, che Platone riprenderà nel “Timeo” e nel “Crizia”. Pitagora si recò a sua volta in Egitto, esortato da Platone. 

Platone                                        Pitagora

Secondo Giamblico, Pitagora aveva studiato nei templi egiziani per oltre vent'anni, prima di far vela verso l'Italia e stabilirsi a Crotone, dove fonderà una scuola nella quale insegnerà le dottrine apprese alle Scuole Misteriche egiziane. Secondo Apollo di Rodi, Ermete, tramite suo figlio Aithalides è il diretto antenato di Pitagora. Raccontava anche che Ermete/Thot sapeva come gli uomini potessero trasformarsi in dèi. Questo risultato, ottenuto con il  controllo della respirazione, avverrebbe attraverso una tecnica insegnata nel cosiddetto Libro del Respiro… scritto su rotoli di papiro nascosti all’interno di due colonne, una a Tebe, e l’altra a Eliopoli. Afferma anche che una era d’oro e l’altra di una pietra verde come smeraldo, luminosa e brillante anche di notte! Secondo lui, proprio da queste colonne veniva tutta l’antica Conoscenza egiziana. Solone azzardò ancora di più, arrivando a dire che su una delle due colonne c’era incisa tutta la storia di Atlantide. Di queste colonne e del loro contenuto parlarono anche Laerzio e altri, tutti concordi nel confermare che esse custodivano la storia dell’umanità antidiluviana. 

Diodoro Siculo

Diodoro Siculo riporta che gli Ateniesi osservano a Eleusi dei riti simili a quelli degli Egiziani. Nel primo libro della "Biblioteca storica" parla di Ermete/Thot come del braccio destro di Osiride, colui la cui intelligenza era senza pari, l'inventore del linguaggio umano, della scrittura e dell'attribuzione di nome a tutte le cose che prima non lo avevano; fu dunque il primo scriba. Riuscì a definire la posizione delle stelle nel cielo e quella dei suoni musicali secondo l'origine di ognuno. Continua Diodoro affermando che inventò la lira a tre toni (acuto, grave e medio), utilizzando nervi animali per le tre corde che dovevano riproporre in chiave armonica le stagioni dell'anno: estate, inverno e primavera. Nella ricerca della perfezione armonica, inventò anche la palestra (per l'armonia del corpo) e l'arte dell'espressione e dell'interpretazione, ossia dell'ermeneutica (da qui il nome Ermes), due arti queste nelle quali i greci avrebbero eccelso. Fu sempre Ermete/Thot ad instaurare l'usanza di celebrare riti sacri per venerare l'artefice divino (il demiurgo platonico), e così assurse al grado di primo sacerdote, con potere anche sul regno dei morti. Inoltre, sfatando un altro mito, sembra sia stato lui a scoprire la pianta dell'ulivo... e non Atena! E se gli egizi celebravano i riti "misterici" per tramandare i segreti relativi a Osiride e alla moglie/sorella Iside, lo si doveva certo a Thot, che presiedeva all'insegnamento di rituali magici, simboli esoterici, oggetti e parole archetipe. Diodoro Siculo riferisce che Orfeo ha viaggiato in Egitto ed è stato iniziato ai Misteri di Osiride. Di ritorno nel suo paese istituisce nuovi riti, i Misteri orfici (verso il VI secolo a.C.). 

Orfeo e Euridice

Plutarco precisa che i Misteri orfici e bacchici sono in realtà d’origine egiziana e pitagorica e  Il filosofo greco Democrito di Abdère (~460-~370), scopritore dell’atomo, è stato iniziato nei templi egiziani e diventa allievo dei geometri del Faraone. Platone (~427-~347) sarebbe rimasto tre anni in Egitto e iniziato dai sacerdoti. Anche uno dei suoi discepoli, Eudossio di Cnido (~405-~355), matematico e geometra, ha viaggiato attraverso le terre del Nilo ed è stato iniziato sia sul piano scientifico sia su quello spirituale. Strabone ha frequentato i sacerdoti di Heliopolis per 13 anni.  

               

Una ristretta cerchia di filosofi post-platonici rinascimentali, custodiva dunque le chiavi della Conoscenza Nascosta? Secondo gli storici, l'ermetismo era nato solo dopo il Medioevo e viene descritto come un movimento gnostico dedito a varie tecniche iniziatiche di derivazione magica, occulta e alchemica, influenzando alcuni grandi pensatori rinascimentali tra cui Giordano Bruno, prima di evolvere in massoneria - verso la metà del XVIII secolo - con Cagliostro...

Cagliostro

 

La massoneria si basa direttamente sulle antiche conoscenze misteriche egizie; dunque il negromante Cagliostro sapeva di dover scavare ancora più indietro nel tempo (di quanto avevano fatto i suoi predecessori) per riuscire a trovare i Libri della Conoscenza Nascosta di Thot, o quello che erano. Aveva capito che i Greci ne avevano posseduto una traduzione ritenuta "fedele", e forse questa, o una sua copia, o un'altra collezione di scritti "ermetici" era stata conservata nella biblioteca di Alessandria, dove gli eruditi avevano potuto consultarla. Prendendo in esame un'ipotesi del genere, la sètta dei sacerdoti egiziani, dopo aver volutamente criptato la traduzione, la lascia cadere nelle mani dei Greci; e questo ci porta alla conclusione che ci sia stato un depistaggio. Tuttavia rimane un punto focale: in quale epoca erano stati scritti i codici originali di Thot, quelli che i Greci non hanno mai visto?

Il mito di Thot era già leggendario ai tempi di Cheope. Come si apprende dal Papiro Westcar, un giorno il Faraone venne a sapere di un vecchio mago in grado di riattaccare una testa mozzata e che conosceva il numero segreto delle stanze nel santuario di Thot, il mago degli dei. Sembra che Cheope fosse molto interessato a tentare esperimenti magici nella Piramide, e volle convocare l’uomo, che aveva più di cent’anni. L’esperimento fu fatto su di un’anatra, e riuscì perfettamente. A quel punto il Faraone volle sapere dov’erano le stanze dei segreti di Thot, ma gli fu risposto che non si poteva saper nulla fino al rinvenimento di un'indicazione conservata nel tempio di Ra a Eliopoli. Disse anche che dopo il parto trigemino della moglie di un sacerdote di quel tempio, questa l'avrebbe trovata e sarebbe stata la madre del futuro primo re della V dinastia… 

Un altro papiro racconta che Setna, figlio di Ramses II, volesse recuperare i Libri di Thot che si trovavano nella tomba di Neferkaptah. Avuto il permesso dal padre, Setna apre la tomba e trova i libri, ma viene messo in guardia sulle sciagure che i libri gli avrebbero procurato, da una donna con un bambino che si trovava vicino al sarcofago di Neferkaptah; incurante del presagio nefausto, Setna prende i libri e inizia per lui una tale serie di disgrazie che si convince a riportare i libri nella tomba dove li aveva presi...

Vorremmo ricordare che Thot era giunto sulla terra sulla navicella spaziale i cui resti, compreso il benben (la punta), furono per millenni venerati nel tempio dedicato a Ra costruito a tale scopo e custodito dai sacerdoti. La località dove si trovava il tempio fu denominata dai greci Eliopoli, che associarono il culto di Ra con quello di Elios, accettando per scontato che Ra fosse il Sole. D'altronde ci sembra l'unica interpretazione logica, tenuto conto dell'epoca e del fatto innegabile che la cultura greca fosse di gran lunga inferiore a quella egizia, che vantava decine di millenni di retaggio. Proprio a proposito di questo retaggio si parla di "Conoscenza Nascosta", e crediamo che il termine sia da interpretare in senso molto lato...


Atlantide

E' difficile dare un senso logico alla "mitologia" senza andare incontro alla derisione della scienza ufficiale e senza offendere il clero, tuttavia i ricercatori che da sempre rincorrono le risposte non esitano un attimo a prendere in considerazione un qualche riferimento esoterico, allo stesso modo in cui accettano la possibilità di una razza precedente e fortemente progredita. Atlantide? Ci sono abbastanza testimonianze e riferimenti per credere che non si tratti di un mito, ma di una civiltà molto avanzata, le cui conoscenze tecnologiche, con ogni probabilità, erano di gran lunga superiori a quelle attuali. Prendendo atto di questa possibilità, i cosiddetti "Libri di Thot" o "Libri della Conoscenza Nascosta" non possono essere degli scritti, ma una ben diversa forma di documentazione, in grado di resistere millenni dopo millenni, fino al giorno in cui ci fossero persone in grado di capirla e usarla. Atlantide è molto più che una leggenda: è la sopravvivenza mnemonica dei nostri antenati, così evoluti e così "grandi" da riuscire a lasciare traccia di sé anche dopo l'evento catastrofico (qualunque esso sia stato) che distrusse gran parte della civiltà che ci ha preceduti e dei cui superstiti siamo i discendenti ingrati. Esiste anche l'ipotesi, sempre più realistica, di visitatori venuti in vari momenti da altri mondi: e dato che l'ipotesi atlantidea non esclude quest'ultima, sia chiaro che per "mondi" non si intendono esclusivamente i pianeti...

Se una parte dei superstiti di Atlantide avesse trovato scampo approdando in quella loro colonia che ancora non si chiamava Egitto, è ragionevole pensare che questo sia avvenuto intorno al 10.400 a.C. ; se la Grande Piramide di Giza e la Sfinge (che si trovavano già sul posto) erano sopravvissute (insieme al loro contenuto) alla catastrofe, significava che quello doveva essere il luogo più sicuro dove mettere al riparo le cose più importanti che avevano portato da Atlantide. Osiride a capo del gruppo di superstiti, la moglie Iside, il figlio Horus erano accompagnati da Thot e da pochi altri: i seguaci di Horus. E' logico pensare che per arrivare abbiano usato mezzi aerei, o comunque in grado di spostarsi nel cielo. Dopo essere rimasti per mesi e forse per anni a bordo di un'astronave in orbita intorno alla Terra, non appena le condizioni atmosferiche lo avessero reso possibile, sarebbero atterrati per ricominciare. Oppure, dopo una partenza strategica - in vista dell'imminente sciagura globale - verso il pianeta d'origine, Zeta Orionis nella Cintura di Orione, ritornarono appena ristabilita la quasi-normalità. Poco importa quale delle due ipotesi sia quella giusta, restando il fatto innegabile dell'arrivo degli dèi dal cielo, la partenza a bordo della "barca solare"... la stessa che poi fa ritorno con Osiride e tutto l'equipaggio. La memoria di questi avvenimenti straordinari è narrata con ingenuità quasi disarmante sulle pareti delle tombe e dei templi. E nel "Per-em-Ra", tradotto assurdamente con "Libro dei Morti", mentre la giusta traduzione sarebbe "Libro dell'uscita verso la luce"... o meglio ancora "Uscita di Ra dalla Piramide"... Dunque, la domanda è: chi o cosa è Ra? Poteva trattarsi del nome di un velivolo spaziale che veniva "posteggiato" e alimentato nella parte superiore della Grande Piramide?

Ed è proprio attraverso le loro cronache, che abbiamo la certezza che il "Corpus Hermeticum" latino, prima ancora di essere tradotto " dal" greco, fu tradotto "in" greco. Questo perché gli egiziani erano semplicemente in possesso degli scritti antecedenti. In ogni caso, il fatto di possedere la copia in greco di un testo scritto da un dio, faceva di esso un testo sacro dai poteri demiurgici come il suo autore, e quindi il greci, associando Ermete con Thot, ne fecero un testo sacro greco. 

Sètte

La parola sètta, che viene erroneamente e tanto spesso interpretata in senso dispregiativo, è il termine con cui viene definita una cerchia di persone con il comune interesse di mantenere viva una tradizione, un culto, o anche la conoscenza di una verità. A questo proposito, merita ricordare che lo stesso Gesù faceva parte della sètta degli Essèni; quegli stessi Essèni che nascosero i famosi rotoli di papiro nelle giare ritrovate casualmente a Qmram e noti come i "Rotoli del Mar Morto". Se dunque le sètte erano custodi di grandi segreti misterici, doveva assolutamente esisterne una all'interno della casta sacerdotale egiziana, con il compito di preservare i Libri della Conoscenza nascosta, noti anche come Libri di Thot. Non sappiamo se il "Corpus Hermeticum" originale - quello tradotto dal nipote di Ermete, rappresenti davvero la traduzione dei Libri di Thot, ma è verosimile l'ipotesi che la sètta di sacerdoti preposti alla salvaguardia della Conoscenza Nascosta  avessero deciso di tradurre i "Libri di Thot" per farli giungere integri alle generazioni successive. Con questa ipotesi, come ho spiegato nel libro "Alla Ricerca dei Libri di Thot", a capo di questa sètta ci doveva essere un Gran Sacerdote in possesso di grandi conoscenze, e tutte le piste investigate mi hanno portato a ipotizzare che si trattasse proprio di Imhotep...

Corpus Hermeticum e Asclepius

Verosimilmente una sètta egiziana si tramandò - generazione dopo generazione - il segreto di un nascondiglio che stiamo ancora cercando, e che si trova quasi certamente nella Grande Piramide, in una delle stanze ancora da individuare. Contemporaneamente, un'altra sètta greca fece altrettanto con il materiale affidatole, che riteneva la traduzione fedele di Ermete dei codici segreti di Thot. Con il passare dei secoli e dei millenni, mentre la prima era riuscita a far perdere le proprie tracce, la seconda aveva continuato in sordina a diffondere il contenuto del manoscritto, che era composto da vari logoi (trattati) e che, opportunamente raccolti e classificati, hanno preso il nome di "Corpus Hermeticum", dopo la traduzione parziale dal greco al latino del manoscritto di Asclepio che Marsilio Ficino eseguì nel 1463 per commissione di Cosimo de' Medici che l'aveva acquistato per la sua biblioteca da un monaco macedone. Ficino (1433-1499), filosofo e letterato italiano, è considerato il massimo esponente dell’Umanesimo; tradusse moltissimi testi classici, alcuni dei quali in particolare (i "Dialoghi" di Platone, gli inni attribuiti a Orfeo e a Omero, la "Teogonia" di Esiodo, tanto per citarne alcuni) lo portarono a coniugare la filosofia classica con la religione cristiana in una visuale "armonica" di un Universo in cui l'uomo è il centro assoluto e allo stesso tempo funge da intermediario tra l’Uno (Dio) e la pluralità delle Sue manifestazioni.

Il manoscritto greco arrivò dunque in Italia dopo la caduta di Costantinopoli, e attualmente esiste solo la parziale traduzione latina, essendo andato perso l'originale. Il Corpus Hermeticum entrò così a far parte della filosofia occidentale durante il Rinascimento, influenzandola moltissimo, e secondo la versione ufficiale impiegò cinque secoli (durante i quali prese spessore sotto l'influenza di alcune correnti filosofiche tra cui il platonismo, l'aristotelismo, lo stoicismo e altre tra cui anche il giudaismo) prima di prendere la forma definita con un proprio spessore intorno al 200 d.C.  Una data così relativamente "recente" ha ben poco a che fare con le conoscenze tardo-elleniche dell'epoca, visto che la figura di Ermete si verrebbe a collocare temporalmente a prima dell'arrivo in Egitto di Alessandro il Macedone. 

Una certa confusione, del resto prevedibile, deve averla creata lo spuntare di molti altri scritti ermetici, talvolta conglobati con il corpus che veniva così nuovamente rimaneggiato. Dopo  i riferimenti, nei loro scritti, alla letteratura ermetica, resi da molti filosofi e perfino dai Padri della Chiesa, nell'ambito filosofico-religioso si venne a creare uno scalpore tale che alla fine il Cristianesimo definì l'ermetismo una dottrina eretica, mettendo al bando definitivamente ogni tipo di trattato di matrice ermetica. Passò quindi molto tempo prima che si sentisse ancora parlare di ermetismo, tanto più essendo sparito tutto il corpus dei trattati. Fu Michele Psello, uno studioso bizantino vissuto a cavallo del XI secolo, a dare nuova vita alla dottrina ermetica e al Corpus Hermeticum; lo stesso corpus che Leonardo di Macedonia consegnò a Cosimo de' Medici nel 1460. La raccolta dei 17 trattati (logoi) che formano il "Corpus Hermeticum" rimase così fino al momento in cui alcuni editori del XVI secolo decisero di metterci mano; il primo, nel 1554, fu Turnèbe che pensò di aggiungere alla fine del XIV logos altri tre brani (in realtà si trattava solo di frammenti) ermetici scritti da Stobeo. Vent'anni dopo fu la volta di Flussas che aggiunse a sua volta un brano tratto dalla "Suda"; per staccare questi ultimi quattro logoi del corpus originale, ne fece un logos a parte ordinando il Corpus Ermeticum in 18 trattati - da a I a XVIII - dei quali l'aggiunta era il XIV. In seguito i logoi tornarono a essere 17, ma senza che fosse rimaneggiato il contenuto: fu semplicemente deciso di escludere dalle successive pubblicazioni il XIV, così da passare direttamente dal XIII al XV. Esistono tuttavia molti altri trattati ermetici che non fanno parte del Corpus; col passare del tempo, infatti, prese corpo una raccolta di testi e riferimenti a opere note agli eruditi, scritti in varie epoche. Si venne così a delineare una vera e propria raccolta secondaria di trattati ermetici, la cui origine affondava nelle radici nel medioevo, lasciando traccia di sé ferfino negli scritti dell'imperatore Giuliano "L'Apostata" e di S. Agostino. Tra le opere ermetiche di Giovanni Stobeo vanno ricordate "La Vergine del Mondo" e il "Florilegium" (un'antologia dove Stobeo aveva inserito ben 27 brani ermetici raccolti negli anni). L"Asclepius" - tra tutti - è considerato di grande rilevanza, secondo solo al Corpus Hermeticum, tanto da venire considerato una sua appendice letteraria. Sparito in Occidente dopo la morte di Sant'Agostino, l'Asclepius riapparve solo verso il XII secolo; ma durante questo lungo periodo la sua esistenza era fuori discussione, essendo documentata da tutti gli autori che ne parlavano nei loro trattati (alimentando la corrente ermetica durante il Medioevo). Inoltre, essendo stato aggiunto alla raccolta di scritti del III secolo d.C. di Lucio Apuleio - il "Corpus Apuleianum" - l'Asclepius veniva considerato - alla stessa stregua - una letteratura fondamentale della tradizione ermetica.